Il vino da collezione raggiunge sovente nel mercato secondario e nelle aste prezzi di vendita davvero eccezionali. Se nel passato era soprattuto il desiderio di possedere bottiglie d’annata o di qualità eccezionale a spingere i collezionisti ad alzare la palettina in folli corse al rialzo, oggi il fenomeno è più complesso perché talvolta avviene che non sia tanto il prodotto ad attirare i facoltosi acquirenti quanto piuttosto il suo contenente, in una sorta di “metonimia d’investimento”.
Nei giorni scorsi – lo racconta il Wall Street Journal – una magnum di champagne Chateau Avenue Foch del 2017 è stata acquistata dai fratelli Giovanni e Pietro Buono per l’esorbitante cifra di 2,5 milioni di dollari. È ipotizzabile che i due collezionisti e investitori in cripto valute non siano stati (con ogni probabilità!) ingolositi dal contenuto della bottiglia, quanto piuttosto dal contenitore che reca “in etichetta” alcune immagini digitali ed i rispettivi loro cinque non-fungible token (NFT), certificati digitali basati sulla tecnologia della blockchain che identificano in modo univoco, insostituibile e non replicabile l’immagine stessa e la sua proprietà. Una di queste opere d’arte è una Bored Ape Mutant, scimmia mutante annoiata. Vogliamo immaginare che (investimento a parte e senza retorica) se mai quella bottiglia sarà aperta e consumata, il suo possessore potrà comunque goderne ancora, senza annoiarsi, alla sola sua vista, come si fa con un quadro o con una scultura.
FEB
Dai Mercati, aste, champagne, collezionismo, NFT, non-fungible token, Wall Street Journal
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