Export Italia 1° semestre 2023: numeri e analisi dell’Osservatorio del Vino

Brutto risveglio per l’export vinicolo italiano. Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio del Vino di Unione Italiana Vini, presentati e commentati da Carlo Flamini sulle pagine de Il Corriere Vinicolo n. 30 del 25 settembre 2023, il nostro Paese si presenta al giro di boa del 2023 con un po’ di affanno: i conti del semestre virano al negativo sui volumi (-1.4%, a 10 milioni di ettolitri) e restano stazionari sulla parte valore (3,8 miliardi di euro), per prezzi medi che cominciano a rientrare dopo l’esperienza iperinflattiva che aveva accompagnato tutto il 2022 e l’inizio dell’anno, chiudendo il conto a un magro +1%.

In un quadro generale in cui le peggiori performance vengono fatte segnare dai vini vermi confezionati (-5% volume; -3% valore), seguiti dagli spumanti (-3,9% vol.; +3% val.) ma dove tengono i frizzanti (+4,2% vol.;+ 11,7% val.) e lo sfuso (+11,2% vol.; -0,6% val), il vero problema per le cantine italiane è il loro primo mercato: gli Stati Uniti, che si sono completamente inchiodati e dove a giugno gli indicatori sono negativi sia per quanto riguarda gli spumanti (-17% volume), sia per quel che concerne i vini fermi, che indietreggiano a volume del 10%, con picchi di -15% per i rossi, contro un -6% dei bianchi. Questo dato di giungo porta il volume dei vini fermi partiti verso gli Stati Uniti ai livelli del 2020 e guardando ancora più indietro – sulla soglia del milione di ettolitri, su cui si stazionava oltre dieci anni fa.

Una piccola nota di consolazione l’Italia la può trovare paragonando la propria semestrale con quella dei principali competitors, tutti in rosso ad eccezione della Nuova Zelanda, che viaggia ormai su un pianeta tutto suo.

 

 

Questi e tutti i dati del settore su https://www.osservatoriodelvino.it/report

Corriere, Carlo Flamini, CV 30/2023, export italia, osservatorio del vino

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Scozia: proposto un aumento del 30% del prezzo minimo (MUP)

Il discusso prezzo minimo di 50 pence per unità alcolica (MUP) venne introdotto in Scozia nel 2018 con scadenza a fine aprile 2024, per ragioni soprattutto di contrasto all’alcolismo. L’impatto della norma sul mercato degli alcolici in Scozia è stato piuttosto modesto, sebbene con esiti diversi a seconda delle bevande: secondo un’analisi di mercato condotta nel 2020 sull’anno precedente da NHS Health Scotland sulle vendite nel canale off-trade, la diminuzione generale delle vendite è stata del 3,6% vs pre-Mup (sidro: -18,5%; vino fortificato: -14,4%; vino: -3%; birra: -1%; superalcolici: -3,8%).

Nei giorni scorsi, riporta SkyNews, a pochi mesi dalla scadenza di questo “balzello”, Elena Whitham – ministro scozzese delle politiche sull’alcol e sulle droghe – ha proposto di rinnovare la misura, portando il prezzo minimo da 50 pence a 65 pence per unità alcolica, un incremento dunque del 30%. Le ragioni di questo aumento proposto sono ancora di salute pubblica e di contrasto all’alcolismo.

Secondo la BBC – che riporta anch’essa la notizia – la nuova quotazione del MUP a 65 pence per unità alcolica porterebbe il prezzo minimo di una bottiglia di vino al dettaglio (75 cl e 12,5% ABV) da £ 4,79 a £6,09, di una lattina di birra da mezzo litro (4% ABV) da £ 1.00 a £ 1.30, di una bottiglia di whisky (70 cl e 40% ABV) da £ 14.00 a £ 18.20.

FEB

Dai Mercati, Elena Whitham, MUP, prezzo minimo, scozia

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La Cina di nuovo nel mirino dell’aussie wine sulla scia di Hong Kong?

Leggendo i dati del governo di Hong Kong, VinoJoy – portale di informazione vitivinicola specializzato nel mercato asiatico del vino – riporta che nei primi sei mesi del 2023 vi è stata una forte crescita delle spedizioni di vino dall’Australia alla ex colonia britannica.

In passato importantissima porta d’ingresso per il vino (non solo australiano) nella Cina continentale, negli ultimi anni Hong Kong si è sempre più trasformata in una destinazione di consumo; d’altra parte, in forza anche dell’entrata in vigore dell’accordo di libero scambio CHAFTA, le esportazioni dirette tra Australia e Cina continentale erano decollate, facendo del pese della Grande Muraglia la prima destinazione dell’aussie wine, fino allo scoppio nel 2020 delle note controversie commerciali e diplomatiche tra Cina e Australia edell’imposizione dei dazi di ritorsione cinesi sul vino australiano in bottiglia.

Tra gennaio e giugno 2023, dunque, le importazioni totali di vino di Hong Kong sono cresciute del 3%, rispetto allo stesso semestre 2022, fino a 4,19 miliardi di HKD e fattore chiave di questa crescita è stata proprio l’Australia.

L’export di vino Australia verso Hong Kong si è infatti incrementato nello steso primo semestre 2023 del 34,59% fino a 799,19 milioni di HKD. Il vino australiano è arrivato a coprire così una quota del 20% nelle importazioni totali.

Tutto questo mentre le già citate tensioni tra Australia e Cina sembrano essersi raffreddate, facendo ben sperare gli esportatori: ad agosto 2023 sono stati infatti cancellati i dazi cinesi sull’orzo australiano e sembra si sia finalmente imboccata una strada che dovrebbe portare alla cancellazione anche dei dazi sul vino.

FEB

Dai Mercati, Australia vs Cina, CHAFTA, export australia, Vino Joy

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Negli USA faticano i consumi tradizionali ma si fanno largo i wine cocktail (+7% nel fuori casa)

Varvaglione (AGIVI-UIV): porta d’ingresso per i giovani consumatori

(Roma, 20 settembre 2023). Scendono, per la prima volta dal 2020, i consumi di vino negli Stati Uniti; salgono quelli relativi ai wine cocktail. Nel primo mercato al mondo il vino sfrutta la propria versatilità per uscire dalla crisi dei consumi (-7,3% nei primi 6 mesi di quest’anno) e rientrare da protagonista grazie a una tendenza cocktail di ready to drink a base enoica sempre più affermata, in particolare nel fuori casa. Nel primo semestre di quest’anno – secondo l’Osservatorio Uiv su base SipSource, strumento di monitoraggio delle depletion off e on-premise, che copre il 75% del mercato americano, per un totale di oltre 330.000 esercizi commerciali – i wine cocktail, in questo caso inquadrati nella tipologia premixata, sono infatti l’unica voce positiva legata al vino, con una crescita tendenziale complessiva di oltre il 3% e con punte del +7% nel fuori casa, a partire dai ristoranti (+1,2%) ma soprattutto bar e altri locali, dove l’incremento registrato è in doppia cifra. “Il fenomeno mixology – ha detto il presidente Agivi (l’Associazione giovani di Unione italiana vini), Marzia Varvaglione – è sempre più evidente nel Paese antesignano delle tendenze globali. Il vino in questo contesto può giocare un ruolo centrale, per questo serve un approccio “pop” e inclusivo nei confronti di una categoria del lifestyle che interessa soprattutto i giovani, quelli che domani apprezzeranno il nostro prodotto per le sue caratteristiche più intrinseche”.

Secondo l’Osservatorio Uiv, a perdere quota in un anno difficile anche a causa del minor potere di acquisto sono soprattutto i consumi complessivi di vino in casa (-8,2%), con i rossi a -9,6%. Meno marcata la decrescita nel fuori casa (-0,9%), dove i consumi di vini bianchi hanno ormai raggiunto quelli dei rossi. La quota di mercato dei ready to drink a base di vino è ancora bassa (circa il 2%), ma è solo la punta dell’iceberg di una domanda on trade sempre più orientata verso i wine cocktail mixati nei locali e basati principalmente su Champagne, Prosecco e Asti Spumante.

A base di vino, birra e spirits, i cocktail ready to drink – imbottigliati e pronti al consumo – conquistano consumatori alla ricerca di aromi e sapori di tendenza, freschi e fruttati. Stando agli ultimi dati Nielsen IQ, nell’ultimo anno negli Usa le vendite di prodotti “Ready to” hanno superato i 10 miliardi di dollari e continuano a raggiungere nuovi massimi anno dopo anno.

 

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Ceev: “serve un piano strategico europeo per il vino”

Per affrontare la situazione da tempesta perfetta che sta attraversando il settore in questo momento, serve un piano strategico europeo per il vino. Questa il messaggio lanciato da Ignacio Sànchez Recarte durante la conferenza di presentazione delle previsioni vendemmiali 2023, tenutasi a Roma lo scorso 12 settembre.

Su Il Corriere Vinicolo n. 29 del 18 settembre 2023, pubblicata un’intervista esclusiva al Segretario generale del Ceev (Comité Européen des Entreprises Vins) che spiega quanto sia necessario oggi per il vino coordinarsi per una visione che sia univoca a livello comunitario e che sia poi declinata a livello di singolo Stato e regione. Questo perché sul presente e sul futuro del comparto incombono tre “spade di Damocle”: il cambiamento climatico con i suoi effetti, la diminuzione dei consumi e gli attacchi delle lobby anti-alcol.

 

Il cambiamento climatico è un problema globale, quindi la soluzione non può essere individuata a livello di un singolo Paese. Abbiamo bisogno di resilienza e dobbiamo puntare a un coordinamento dell’Ue per arrivare a un concetto di “Ricerca e Sviluppo” più facilmente applicabile.

Corriere, ceev, climate change, consumi, CV 29/2023, Ignacio Sanchez Recarte

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